InBin 69 Angels 87 EDO, THE JUNGLE MAN
La partita è stata a senso unico . Voglio usare una favola del nostro coach Zuccheri che spiega benissimo cosa è mancato in questa partita.Edo può essere chiunque dei giocarori Inbin.Noi tifosi aspettiamo che questa favola diventi realtà.
Di notte, la Jungla appariva come un mondo minaccioso. C’era spavento, mistero, strano buio che metteva a disagio chiunque, soprattutto all’imbrunire. Di giorno invece era tutto un rifiorire di vita e colori della natura. Qua e la c’erano paludi e ruscelli ,ma anche sabbie mobili e terreni ricoperti di erbacce che coprivano buche del terreno riconoscibili solo da chi frequentava la Jungla. Erano le famose trappole dove gli uomini disattenti ci cadevano dentro, rischiando spesso di morire.Si dice che in mezzo alla natura selvaggia fosse custodito un monumento fatto dagli antichi Dei che chiamavano “l’albero della felicità”. L’avevano costruito per i giochi nei momenti di pausa-lavoro, per distrarsi dalla pesantezza dei loro compiti. Il grosso albero di colori autunnali ricopriva tutta la struttura. Era di metallo dorato e aveva la forma di collo d’oca al cui becco era stato applicato una lastra d’oro capace di vibrare e comporre musiche divine ogni volta che veniva a contatto con oggetti lanciati contro la stessa, di solito noci di cocco. Saldato contro la lastra, a m. 3,05 dal terreno, c’era un anello, di color rosso per far contrasto con il colore dorato dominante, da cui pendevano piccole liane intrecciate-a-rete. Si narra che gli Dei usassero una palla d’oro , che lanciavano contro la lastra per sentire la musica quando, di rimbalzo, entrava nell’anello rosso , accarezzando la rete di liane. Una musica melodiosa, gradevole, che lambiva i loro orecchi, arrivando ai centri del sentimento, per renderli felici. “L’albero della felicità” era la meta naturale del “pallone d’oro”… andato perduto nella notte dei tempi. Il motivo? Una sola volta fu dimenticato nel campo, dopo una partita, e mai più fu trovato. Sicuramente qualche bambino o animale, forse una scimmia, passando si era incuriosito dell’oggetto rotondo e l’aveva rubato.Nella foresta abitavano anche molte tribù ancora legate ai loro riti ed abitudini antiche. Nelle loro religioni venivano adorati numerosi spiriti che erano indicati con il termine “mistero” e questi fantasmi erano spesso invocati e nutriti durante i rituali “woodoo”, una evocazione che determinava la credenza della presenza di forze soprannaturali che abitavano nelle piante, negli oggetti e nelle persone. Il pallone d’oro era stato raccolto loro? EDO era l’unico giocatore di “Basket-InBin” che veniva dalla Jungla, da questo tipo di Jungla perché non sono tutte uguali. Com’era arrivato nelle nebbie della valle padana? Un allenatore di Basket, abituato a viaggiare, era andato in vacanza proprio in Sud-America , in Equador, e aveva convinto la famiglia a trasferirsi in un centro urbano. Il motivo? Il loro primogenito era un talento per il Basket, praticato in Equador solo in tempi remoti. L’aveva visto in azione mentre si allenava nel campo degli Dei, il “Madison” della Jungla. La musica che invadeva tutto l’ambiente aveva attratto l’allenatore perché il ragazzo realizzava i canestri tirando il pallone contro il tabellone d’oro. Un tiro per sentire la musica che faceva volare lo spirito e intrigava il suo senso del ritmo.EDO , era un grande atleta e ,oltre il Basket, conosceva la Jungla come le sue tasche. Il suo villaggio era lontano dal “Madison” , ma arrivarci era un gioco per lui. Sapeva muoversi velocemente superando ogni trappola per arrivare al campo, anche quelle rappresentate dalle ostilità delle varie tribù. Correva forte perché abituato a sfuggire ai leoni, saltava rapidamente sugli alberi per imitare le scimmie della Jungla. Sul campo palleggiava e danzava a suon di musica. Per lui era facile. Bastava tirare contro il tabellone dorato.Con la complicità del suo allenatore aveva invitato la sua squadra (InBin) a trascorrere le vacanze a Quito (Equador) dove c’era una delle foreste più famose del mondo, nota proprio per la sua inacessibilità. L’allenatore aveva pensato che l’esperienza nella Jungla avrebbe potuto far crescere nel giocatore la consapevolezza della sua capacità di guidare un gruppo. Doveva migliorare proprio in questo . Quale allenamento era migliore? Da solo, avrebbe dovuto organizzarsi per portare tutta la sua squadra dentro la misteriosa Jungla, superando le trappole naturali e quelle delle tribù. Che scopo c’era per entrarci? La preparazione per il prossimo campionato era importante e farla lontano dagli occhi curiosi era indispensabile. Volevano giocare in modo imprevedibile e nascondere agli occhi curiosi degli avversari il loro gioco speciale (per fare canestri rapidi). Avrebbe reso la squadra imprevedibile. Bastava saper organizzare il gioco. Non ci voleva molto, bastava pensarci un po’, ma solo all’inizio. Farlo per guidare un gruppo nella Jungla non è forse uguale? Esattamente come realizzarlo nel campo da gioco. Il motivo? In gara ci sono le tattiche degli avversari, giusto? Le trappole della natura sono diverse rispetto a quelle che i rivali creavano nei campionati, ma comportano lo stesso metodo per superarle. Bisogna innanzitutto vederle e comprendere come aggirarle, quindi organizzarsi. Semplice. Apprendere questo mestiere era la speranza dell’allenatore, il suo progetto da realizzare. E il giocatore a cosa pensava? EDO purtroppo aveva già i suoi progetti, ma era disponibile a cambiarli… se tutto ciò avesse portato alla vittoria.Intanto, aveva già raccontato ai suoi amici InBin “dell’albero della felicità” che emanava musica melodiosa personalizzata quando il pallone colpiva il tabellone dorato. Incredibile , vero? La curiosità li aveva catturati. Tutti erano convinti di fare una vacanza avventurosa e meravigliosa, avente uno scopo sportivo. Fare la preparazione nel “Madison della Jungla” sarebbe stato foriero di grandi successi. EDO sapeva palleggiare, correre saltare, ma doveva imparare a condurre un gruppo. Nella sua squadra, famosissima per le imprese nelle nebbie del ferrarese, EDO era molto apprezzato. Infatti , era un tipo di leader definito come “catalizzatore”. Semplicemente , era tale perché traeva la propria autorità dalla naturale accettazione del gruppo. Lo riconosceva come necessario per le sue funzioni di guida. I compagni dicevano: “Con EDO siamo sicuri perché , in campo, ci conduce, da solo, oltre le trappole degli avversari” Come già detto, EDO non era della stessa idea l’allenatore che lo vedeva troppo spesso impegnato a realizzare il suo progetto. Quale? Il desiderio di fare, realizzare punti. E’ un bisogno naturale per il giocatore. L’allenatore non era completamente soddisfatto. Quando gli avversari seminavano le loro trappole, spesso si “nascondeva”. Di fronte ai problemi che gli avversari tentavano di imporre, demandava agli altri. Stanchezza? Non sempre. Succedeva la stessa cosa per le insidie della Jungla? Sarebbe stato un disastro. Ora aveva una grande responsabilità. Tutta la squadra viveva nel suo ambiente naturale e doveva pensare alla loro protezione. Era assai pericoloso arrivare in quel campo per allenarsi, con i sentieri pieni di vegetazione lussureggiante che coprivano le trappole del terreno. Le insidie erano dietro ogni albero. Doveva organizzarsi e pensare a qualcosa di vincente. Arrivati a Quito con tutta la squadra, ci fu l’incontro commovente. EDO aveva trovato l’asso nella manica per giungere nel cuore della Jungla e battere tutte le trappole insidiose costruite sul terreno dagli indigeni. Si era organizzato.Da solo, e aveva pensato a tutto, considerato che tutta “InBin” dipendeva e si fidava di lui. Sapeva quali percorsi seguire? Facile. Come arrivarci? Il modo pensato era interessante. Faceva intendere agli indigeni di seguire una strada , poi li ingannava percorrendone un’altra. Sicuramente , il basket era stato un grande maestro per le finte e aveva compreso cosa significava l’imprevedibilità. La chiave della sua sicurezza?
Conosceva fin da piccolo “BusGus”, il grosso animale “traghettatore” capace di caricare tutta “InBin” sul suo groppone e trasportarla facilmente nel campo degli allenamenti. BusGus era stato il suo compagno d’infanzia e loro soli sapevano dove era nascosto il pallone d’oro. Come mai? Non l’aveva rivelato mai a nessuno. Era stato il suo grande amico a vederlo quel giorno, abbandonato là, vicino all’albero della felicità. Era stato proprio BusGus a nasconderlo. Sarebbe stato l’attrezzo per gli allenamenti. Ci sarebbe stata la musica, di vario tipo, perché tutti ormai conoscevano il modo per procurarsela. Musica personalizzata perché la gioia di vedere la palla infilarsi dentro l’anello esprimeva quella del proprio cuore.Tornando dalle partite fatte nel “Madison della Jungla” ora tutti, ma proprio tutti, avevano la consapevolezza che l’organizzazione del gioco era la base per vincere contro tutti gli avversari. Soprattutto quelli più forti erano battuti. Bastava pensare ogni tanto agli altri, dopo avere considerato come gli avversari costruivano le trappole. EDO aveva dato l’esempio, comprendendo che quello era il modo migliore per vincere. Segnalava il gioco e passava in modo preciso la palla. Velocemente si posizionava sulla linea di fondo, vicino all’area, ma dalla parte opposta alla palla. In quella posizione era una spina al fianco, mettendo tutta la difesa in difficoltà. Ora doveva aspettare con fiducia che i compagni giocassero dalla sua parte. In fondo , pensava, l’organizzazione è un compito di chi ha la palla. Io l’ho passata ai compagni, tocca a loro coinvolgermi e giocare dalla mia parte. Questo era il vero asso vincente. Comprendere cosi il segreto del basket, che diventa armonia di movimenti e suoni melodiosi perché EDO finiva l’azione tirando la palla dorata dentro l’anello rosso, che collegato col tabellone, trasmetteva la sua musica preferita.
Cartellini : Mattioli 0 – Quaiotto 19 – Sarti 6 – Alberti D 8 – Gamberini 10 – Alberti A 5 – Gribinet 3 – Bortolotti 6 – Malagolini 0 – Ascone 1 – Zambon 2 – Di-Cristina 9 .